Il 14 settembre scorso è stato firmato in Rai il Protocollo sulla rappresentanza, un documento che forse alla maggioranza degli italiani dirà poco o nulla, ma che segna una rivoluzione nelle trattative Sindacato-Azienda. Viale Mazzini è stata la prima tra le realtà con contratto collettivo autonomo, ad aderire al Testo Unico sulla rappresentanza e rappresentatività del 10 gennaio 2014, ed è un dato importante perché se è vero che molte volte la Tv pubblica è stata additata dalla politica come troppo impermeabile ai cambiamenti sociali, questo è l’esempio pratico di come gli assunti siano fatti per essere smontati.
L’accordo nasce da un’intesa interconfederale tra le Segreterie Generali di CGIL, CISL e UIL e Confindustria, ed ha come obiettivo quello di semplificare e rendere più chiare le procedure di rappresentanza all’interno delle aziende attraverso la certificazione di voti e iscritti. Certificazione che avverrà tramite la comunicazione dei dati relativi alle deleghe da parte dell’INPS.
Ma in cosa consiste e perché è tanto importante questo documento per la Rai e il Sindacato?
L’accordo è diviso in quattro sezioni ma, per semplificarne il contenuto, possiamo dire che fondamentalmente poggia su due ambiti: quello nazionale e quello relativo al secondo livello. Il Coordinamento Nazionale sarà titolare della contrattazione di livello generale, e sarà composto da 70 delegati ripartiti in maniera proporzionale in base al calcolo percentuale di voti e iscritti.
Quello di livello aziendale avrà lo stesso numero di delegati, ma a differenza del primo verrà scelto in base ai voti ottenuti su tutto il territorio Nazionale alle elezioni RSU in modo proporzionale dalle singole organizzazioni sindacali. Il primo e più evidente cambiamento risiede nello snellimento dei numeri - con conseguente velocizzazione delle trattative - e nella maggior partecipazione e trasparenza di tutte le rappresentanze unitarie nello scegliere le delegazioni relative alla contrattazione nazionale e aziendali.
I numeri quindi saranno ridotti e certificati per garantire efficienza, trasparenza e un iter più agile in fase di discussione. Ma non solo. Quando ci si troverà a dover decidere se procedere alla firma di un accordo - quando cioè si dovrà scegliere effettivamente se e quali cambiamenti acconsentire -, lo stesso coordinamento con votazione a maggioranza semplice avrà la responsabilità di accettare o meno. E questa è la vera rivoluzione che introduce il Testo Unico. Ipoteticamente, se due sigle dovessero avere il 50% + 1 di delegati a favore, potrebbero procedere alla firma di un accordo in totale autonomia dalle altre organizzazioni al tavolo e senza nessuna ulteriore discussione.
L’ultima parte del Testo dal titolo esemplificativo “Disposizioni relative alle clausole e alle procedure di raffreddamento e alle clausole sulle conseguenze dell’inadempimento”, è dedicata a fare in modo che nessuna delle due parti - aziendale o sindacale - possa in alcun modo mettere in atto procedure o atteggiamenti che impediscano di fatto l’esigibilità di quanto firmato. La filosofia è semplice: se partecipi, di conseguenza accetti anche di poter essere minoranza.
Il documento è poi composto da tutta una serie di altri argomenti quali le soglie minime di rappresentatività fissata al 5% necessaria per poter avere diritto all’esercizio sindacale o le agibilità per i delegati che verranno regolate in base a nuovi accordi. Tutti aspetti tecnici importanti affinché negli ambiti aziendali l’operato sindacale sia il più possibile attivo e trasparente.
Questo testo ovviamente pur se migliorabile come tutto del resto, ha l’indubbio merito di rendere l’attività sindacale più agile, in grado di dare risposte ai lavoratori in tempi rapidi e certi e in modo trasparente. Indirettamente potrebbe anche leggersi come una replica alle accuse mosse negli ultimi tempi alle OO.SS di scarsa capacità di rinnovamento e, in particolare, a quelle in cui il Ministro Boschi additava i Sindacati come vecchi e poco rappresentativi del mondo giovanile. La crisi che attanaglia gli organi rappresentativi - Partiti in testa - dovrebbe essere letta da tutti come un segnale preoccupante e non cavalcata per annichilire le possibili voci contrarie. Creare un nuovo sindacato, più giovane e attento ai cambiamenti sociali, è un obiettivo che devono porsi tanto le organizzazioni quanto la politica stessa.
Maurizio Lepri, (coordinatore nazionale UilCom Rai)
Articolo pubblicato su Affaritaliani.it