Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi
Gentile Presidente On. Roberto Fico,
gentili vicepresidenti, onorevoli e senatori tutti, Vi ringrazio per questa opportunità offertami di esprimermi davanti alla vostra CommissioneCome sapete rappresento l’UER , Unione Europea di Radiotelevisione, l’organismo fondato 60 anni fa, che raggruppa 74 radio e tv pubbliche di 56 paesi dell’Europa, del Nord Africa e del Medio oriente ed anche alcune delle maggiori tv private europee.
In Italia è nostro membro la RAI, che ricopre in questo momento –con l’ex direttore generale Claudio Cappon- l’incarico di Vice Presidente del Board.
So che la RAI per esempio ha investito oltre 400 milioni di euro per digitalizzare il paese.
Oggi la nuova sfida che si trovano davanti é quella di integrare tutte le piattaforme e fornire servizi adatti per tutti i pubblici, dappertutto ed in ogni momento.
La nuova sfida è quella di fornire un servizio pubblico molto più personalizzato ed interattivo.
SLIDE 2 NUOVI MODI D’USO SPINGONO L’INNOVAZIONE
In questo nuovo mondo la tecnologia rende più facile di lanciare i nuovi servizi e riduce le barriere all’ingresso.
Il risultato è che l’industria della TV è oggi nel mezzo di un processo di concentrazione e globalizzazione.
Con nuovi operatori con nuovi business model che entrano nel mercato dei diritti tradizionali.
SLIDE LA TECNOLOGIA SPINGE
Se si guarda sotto questo profilo alla situazione italiana, si scopre che ormai nel mercato italiano della TV agiscono – oltre alla RAI e Mediaset- anche Sky, Discovery e Telecom Italia.
Sky e Discovery sono filiali italiane di global player ed hanno poco interesse ad investire in contenuti locali .
Telecom Italia nessuno oggi sa se è ancora italiana. Quindi i players italiani sono pochi e molto piccoli rispetto ai concorrenti stranieri. Soprattutto la RAIm che fra tutti è il più piccolo.
SLIDE : LE DIMENSIONI CONTANO
In alcuni paesi , specie nel sud dell’Europa, a questa sfida tecnologica, si è aggiunta la crisi economica e politica che ha investito in pieno le tv pubbliche (Grecia, Portogallo, ecc.).
SLIDE LA CRISI ECONOMICA HA COLPITO DI PIU PSM
In questo contesto cosi difficile, il ruolo dell’UER è sempre più strategico e politico, perché è il luogo in cui i media di servizi pubblico (inclusa la RAI) si confrontano ed elaborano strategie comuni per far fronte comune al futuro.
La RAI sta attraversando difficoltà serie come altri players europei. Sul fronte delle risorse soprattutto per effetto della riduzione delle entrate pubblicitarie.
Ma anche sul fronte della legittimità (un’evasione del canone fra le più alte d’Europa – e questa è un’eccezione nell’Europa occidentale-) e del rapporto col pubblico giovane.
Nonostante le difficoltà, la RAI resta uno dei piû grandi servizi pubblici europei e presenta diversi parametri fondamentali positivi e si colloca al quinto posto assoluto per gli ascolti (dopo Islanda, Finlandia, Belgio, Norvegia) con quasi il 40% del totale.
Comunque prima fra i cinque grandi paesi (davanti a Germania, Gran Bretagna, Francia e Spagna).
SLIDE 2012 RAI COMUNQUE RIMANE ...
Non in valori assoluti, naturalmente, visto che l’Italia è un grande paese, ma di certo in valori relativi.
SLIDE 2012 CANONE RAI COMPARATO AD ALTRI CANONI UE
Noi come UER troviamo che la misura più efficace per capire quanto ogni paese “investa” nel servizio pubblico, sia quella di misurare il valore totale delle risorse a disposizione dell’ente (canone, pubblicità, convenzioni, ecc.) e di porlo in rapporto con il PIL Prodotto Interno Lordo del paese in questione.
Secondo un’elaborazione statistica da noi fatta fra i membri, su quasi 40 paesi considerati, l’Italia si colloca al ventiduesimo posto, con un investimento complessivo del sistema Italia nella RAI pari allo 0,17% del PIL.
SLIDE RISORSE DEI SERVIZI PUBBLICI SUL PIL
Nulla se rapportato allo 0,40% che gli inglesi investono nella BBC ed allo 0,34% che i tedeschi investono nelle loro radio e tv pubbliche. Mentre l’Italia si colloca allo stesso livello di Andorra o dell’Estonia. Ciò dimostra che –in rapporto a molti altri paesi- la RAI non è affatto iper-finanziata, anzi i dati dimostrano piuttosto il contrario.
Così come i suoi servizi non sono affatto cari per i cittadini.
SLIDE COSTI MEDI ABBONAMENTI AI MEDIA
Il costo del canone in Italia, rispetto a quanto costano gli abbonamenti alla pay-tv in Italia (Sky o Mediaset Premium) o a quanto costano gli abbonamenti ai quotidiani, è davvero economico, se si pensa che la RAI , per 113,50 EUR all’anno offre 15 canali TV sulle varie piattaforme e 5 canali radio nazionali (senza considerare l’offerta via cavo e web). Un modo davvero economico di informare, educare e divertire quei quasi 19 milioni di famiglie italiane che non possono permettersi l’abbonamento alla pay tv o ai quotidiani.
Ma non solo. Mentre per tv commerciali ed a pagamento quello che conta è di raggiungere il pubblico che può pagare o quello che interessa ai pubblicitari, la RAI ha il compito e la missione di offrire una programmazione diversa che rifletta la realtà e la cultura di tutti coloro che vivono in Italia: dei ricchi come dei poveri, dei giovani come dei vecchi, di coloro che vivono nelle città come di quelli che vivono nelle campagne, ed anche di coloro che vivono al di fuori del paese.
E nel farlo assume anche dei rischi, quando produce film d’autore o la Prima della Scala oppure quando partecipa alle co-produzioni internazionali di opere incredibilmente complesse come la trasmissione in diretta della Traviata o di Cenerentola. Rischi che solo il servizio pubblico può correre.
SLIDE UN FORTE SERVIZIO PUBBLICO DETERMINA LA QUALITA DEL SISTEMA
Quando la Presidente Tarantola al Prix Italia mi ha spiegato quello che il governo vuole imporre alla RAI, mi sono molto preoccupata. Ho letto dalle audizioni precedenti e dai ritagli stampa che il governo o forse il viceministro delle Comunicazioni (questo non mi risulta chiaro) vorrebbe tanto che si potesse vedere in onda quali sono i programmi pagati dal canone, rispetto a quelli pagati dalla pubblicità.
Questo non è possible e nessuna televisione pubblica al mondo può farlo. Cosi come nessun giornale o magazine potrebbe distinguere quali articoli o rubriche sono finanziati dagli abbonati o quali dalla pubblicità. Perché ? Perché il servizio pubblico è uno ed indivisibile e non sarebbe accettabile che sui canali del servizio pubblico possano andare in onda dei programmi che non abbiano quel carattere “speciale” proprio del servizio pubblico.
Ci hanno provato a Malta dieci anni fa e sono tornati indietro dopo appena pochi mesi. Se è questo che si vuole, sarebbe più onesto discutere direttamente dell’obiettivo finale, come hanno fatto in Portogallo ed in Grecia.
Dove –alla fine del dibattito- sono però arrivati alla conclusione che una moderna democrazia non può fare a meno del servizio pubblico.
In 31 paesi su 40 per i quali l’UER possiede dati comparabili, le tv aderenti all’UER hanno quote di finanziamento dalla pubblicità. Nella maggiorparte dei casi tale quota non è elevata, ma in altri –fra cui l’Italia (ma anche Svizzera, Austria, Polonia, ecc.)- è intorno al 20%. Questo finanziamento misto (canone/pubblicità oppure budget dello stato/pubblicità) consente alle tv pubbliche di essere indipendenti dai condizionamenti dei grandi inserzionisti, ma anche di essere un po’ indipendenti dalle politiche dei governi, per esempio quando questi decidono di non aumentare il canone (come è successo in Italia 3 volte negli ultimi ventanni) o di tagliare i trasferimenti dal budget dello Stato. 1 Comunicazione della Commissione Europea del 2 luglio 2009 sull’applicazione ai servizi pubblici radiotelevisivi delle regole relative agli aiuti di stato.
A differenza degli altri 30 casi, però l’Italia è l’unico paese in Europa in cui i soldi provenienti dalla pubblicità sono stati attribuiti ai singoli generi, passando a definire generi finanziabili solo dalla pubblicità (fra cui l’intrattenimento) e generi finanziabili solo dal canone. Ed ora –con questo nuovo contratto di servizio- si vuole andare ancora oltre, rendendo visibile in onda addirittura la natura dei singoli programmi e , fra l’altro, sancendo anche definitivamente che l’intrattenimento non è servizio pubblico.
Così facendo si crea nello spettatore un’artificiosa distinzione fra programmi e programmi e si lascia credere una cosa che assurda, e cioè che la RAI possa trasmettere qualcosa che non ha a che vedere con la sua missione di servizio pubblico. Se un programma non ha le caratteristiche di servizio pubblico, non può passare su RAI e basta. Che sia finanziato dalla pubblicità o dal canone poco importa.
Di qui, ad esempio, la scelta quasi unanime delle tv europee pubbliche di non trasmettere “Grande fratello”, perché –per sua natura- è contrario allo spirito del servizio pubblico.
SLIDE CONCLUSIONS . PERCHÉ UNA RAI PUBBLICA È ESSENZIALE
E con ciò arrivo alla fine della mia presentazione e sono sicura che queste mie convinzioni e preoccupazioni siano condivise da molti di voi. Giusto alcune osservazioni finali per chiudere. Il Servizio Pubblico, anche nell’era digitale (forse anche più di prima) resta indispensabile.
SLIDE VISION 2020 (e commento)
SLIDE PERCHÈ UNA RAI PUBBLICA E’ ESSENZIALE
Da questo rinnovo i cittadini si attendono , anche e più di prima, notizie attendibili ed affidabili e spiegazioni su un contesto globale sempre più difficile da interpretare. I servizi pubblici sono un pilastro essenziale di ogni moderna democrazia. Producendo o programmando contenuti diversi dal resto dell’offerta disponibile (anche da quella su Internet), i Servizi Pubblici sono fra le istituzioni culturali più affidabili dei paesi in cui operano e sono il motore dell’innovazione e dell’industria creativa. Per continuare ad esserlo anche in futuro e perché siano indipendenti, c’è bisogno in Italia di una Rai indipendente e dotata di un finanziamento adeguato e duraturo nel tempo.
Di questo discutiamo in continuazione in sede UER e so che importanti discussioni stanno avendo luogo in Rai allo scopo di aumentare la qualità dei programmi e di aumentarne la “distintività” , cioè la differenza dell’offerta del servizio pubblico rispetto al resto. E’ chiaro a tutti noi, e vorrei lo fosse anche a voi, che per assicurare il Servizio Pubblico nel futuro dell’Europa bisogna cambiare e pure parecchio.
(SLIDE GATTOPARDO)
Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi.
Resto a disposizione per ogni vostra domanda.