1. A seguito dell'inserimento di Rai, da parte dell’Istat, nell'elenco delle pubbliche amministrazioni, potrebbero configurarsi una serie di effetti di carattere gestionale e funzionale su materie essenziali come:
- reperimento e assunzione del personale,
- applicazione dei contratti di lavoro,
- riferimenti associativi e sindacali,
- modalità di ricorso ad appalti e acquisti di beni e servizi.
2. A seguito della pubblicazione della legge 26 ottobre 2016, n. 198 che ha istituito il fondo per il pluralismo, si è definita la durata della concessione di servizio pubblico (10 anni), le modalità e la tempistica per procedere all’assegnazione ad ogni scadenza.
Questa norma che deve essere resa operativa attraverso un atto della Presidenza del Consiglio, non identifica la Rai come unica concessionaria di servizio pubblico, cosa che invece avviene per i paesi aderenti all'Unione Europea.
Visti quelli che sono i termini di assegnazione, proroga dei 90 giorni e valutazione della Commissione Parlamentare per l’indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, sarebbe di nostro interesse conoscere i termini di tali valutazioni.
3. Una serie di interventi normativi, a partire dalla legge n. 89 del 2014, hanno modificato i presupposti di funzionamento del servizio pubblico radio televisivo, nonostante questo, ancora oggi, non abbiamo definita a seguito dell'abrogazione degli art. 17 e 20 della L. n. 112 del 2004 e l'art. 50 della L. n. 177 del 2005, la missione del servizio pubblico radio televisivo, tema che si somma al mancato rinnovo del contratto di servizio pubblico dall’anno 2013.
4. In ultimo il tema delle risorse pubbliche a disposizione della Rai.
Pur prendendo atto di quanto dichiarato in comunicati stampa ufficiali dal Ministero dell’economia e finanze, resta il fatto che alla fine di novembre non vi sono certezze sull’ammontare definitivo del gettito del canone RAI per l’anno 2016. Questo ritardo sta inevitabilmente incidendo sulle scelte d'investimento e sulla capacità produttiva dell'azienda. Da sempre le scriventi hanno sostenuto ogni iniziativa del legislatore diretta a ridurre l'evasione e modulare il prelievo tenendo conto del reddito degli utenti sempre al fine di garantire le giuste entrate al servizio pubblico radio televisivo.
Quindi riteniamo positiva l’idea d’inserire il canone in bolletta elettrica, mentre non condividiamo, anzi riteniamo pericoloso, che tali provvedimenti siano stati adottati nell’ambito delle leggi di bilancio dello Stato, proprio perché tale scelta cancella il vincolo posto alla politica con l’identificazione di una tassa di scopo, vincolo pensato per salvaguardare l'autonomia del servizio pubblico radio televisivo.
Infine ci preoccupa fortemente il quadro economico che si profila a seguito dell’annunciata riduzione a 90 euro del canone, elemento che , ancor di più, espone la Rai ad una riduzione della propria capacità produttiva, ideativa e informativa.
Inutile dire che vi scriviamo perché l'insieme di queste questioni ci preoccupa sia in ordine alla tenuta del servizio pubblico radio televisivo, sia ai livelli occupazionali.
In particolare vorremmo avere certezza:
- sul mantenimento della Rai come concessionaria unica del servizio pubblico radio televisivo;
- sulla identificazione della missione di servizio pubblico radio televisivo;
- sulla possibilità per la Rai di competere sul mercato radio televisivo con regole certe e non invalidanti;
- sul futuro della controllata Rai Way;
- sulla persistenza delle sedi regionali con il loro ruolo informativo locale;
- sulle risorse pubbliche a disposizione della Rai che devono essere sufficienti per la piena attuazione della missione di servizio pubblico radio televisivo e certamente non inferiori a quelle realizzate nel 2013 attraverso il vecchio sistema di prelievo.
Infine riteniamo essenziale che le risorse non possano subire di anno in anno scelte politiche di ridimensionamento, questo per garantire l'autonomia e l'indipendenza dalla politica e dal Governo.
In attesa di un riscontro vi porgiamo cordiali saluti,